Molto spesso ci viene chiesto: “….ma quanto oro è depositato in Banca d’Italia?”
Normalmente si risponde con il numero di tonnellate possedute, ovvero 2452 tn. e che siamo il terzo paese al mondo, come quantitativo di possesso.
Abbiamo più volte, già avuto occasione di parlarne.
Però necessita fare un excursus più approfondito sulle origini e le varie vicissitudini, in quanto l’argomento ci dovrebbe interessare.
Occorre andare molto indietro nel tempo, fino al 1983, quando si fusero la Banca Toscana di Credito, la Banca Nazionale Toscana e la Banca Nazionale del Regno d’Italia.
Inizio delle riserve della Banca d’Italia
Si diede così vita alla Banca d’Italia con una dotazione aurea di 78 tonnellate, di cui ben l’86% proveniente dalla Banca Nazionale del Regno.
Successivamente nel 1926, con l’attribuzione assoluta del monopolio alla Banca d’Italia, il Banco di Napoli ed il Banco di Sicilia cedettero le proprie riserve pari a circa 70 tn. in gran parte proveniente dal Banco di Napoli.
La sede si insediò a Palazzo Koch, in Via Nazionale a Roma, così chiamato dal nome dell’Architetto che lo costruì, terminandolo nel 1892.
Nel 1933 le riserve superavano le 560 tonnellate, ma all’inizio della Seconda Guerra Mondiale il complessivo quantitativo scese a circa 105 tn.
Alla fine del 1943 le riserve aumentarono a circa 120 tn. ma, per un trasferimento forzoso alla Banca dei Regolamenti Internazionali, fondata nel 1939, le riserve scesero a 105 tn.
Dopo l’armistizio, per un’asportazione delle Autorità tedesche, vi fu una riduzione pari a 50 tn.
Inoltre, una nuova riserva di 10 tn. fu vincolata a garanzia di una anticipazione concessa alla Banca Nazionale Svizzera, per una non restituzione di un prestito all’Istituto Nazionale del Commercio con l’Estero (INCE).
A fine 1944 ci fu ancora una parziale asportazione di 21 tn. da parte del Comando Tedesco, che portarono le nostre riserve ai minimi storici, ovvero a 22 tn.
Alla fine della guerra, nel 1945 gli Alleati riportarono in Italia parte delle nostre riserve. Poi la Commissione, creata per la restituzione dell’oro trafugato dai militari Nazisti, ci riconsegnò 32 tn.
Nel 1958, la Commissione operò un’ ulteriore attribuzione di 13 tn.
Si calcola comunque che la quantità persa a causa negli eventi bellici, fu di circa 26 tn.
Nel dopo guerra l’Italia divenne un paese esportatore e godette di cospicui afflussi di valuta estera.
Tali surplus di valute, furono utilizzate per acquistare ingenti quantitativi di lingotti.
A fine 1958 le riserve aumentarono fino a raggiungere circa 250 tn.
Negli anni successivi, fino al 1970 ci furono rilevanti acquisti fino ad arrivare nel 1973 a 2565 tn.
Le ultime variazioni sono avvenute all’inizio del 1999, con il conferimento alla Banca Centrale Europea di 141 tn.
A conclusione di tutti questi eventi, un’ oculata politica di riserve, riportò la Banca d’Italia ad essere uno dei maggiori detentori al mondo, del nobile metallo prezioso.
Teoricamente le riserve auree dovrebbero avere un valore pari alla moneta che viene stampata, ma questo teorema è ormai superato ed il controvalore è solo una percentuale.
L’oro viene usato ormai da tutte le Banche Centrali per l’alto valore di eventuale realizzo, per il poco ingombro e perché viene universalmente accettato. L’oro è un materiale non deperibile nel tempo e non si ossida.
L’oro di Confinvest
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A cura dell’Ufficio Stampa di Confinvest – GV