Ma cosa è questo Quantitative Easing ?

Una Domanda che ci viene spesso rivolta.

….vi  ricordate  il  “sarchiapone”  di  Walter Chiari ? …. quasi!

Andiamo per ordine. 

I titoli di stato. Sono  strumenti di debito attraverso i quali uno Stato finanzia il proprio disavanzo (ossia, semplificando,  strumenti con i  quali lo Stato si indebita per coprire l’eccedenza della spesa pubblica sulle entrate fiscali). Essi, nella generalità degli Stati occidentali ed in particolare anche in Italia, rappresentano la parte più rilevante del debito pubblico.

Mercato primario e mercato secondario. All’atto dell’emissione i titoli di stato vengono sottoscritti dagli investitori: questa fase costituisce il mercato primario. L’emittente (lo Stato) riconosce ai sottoscrittori un rendimento (solitamente mediante il pagamento di cedole periodiche); tale rendimento costituisce per l’emittente il costo di raccolta, che dovrà sostenere fino alla scadenza del titolo. Una volta emessi i titoli di stato vengono scambiati tra gli investitori sul mercato secondario; il prezzo dei titoli di stato, come di qualsiasi altro bene o attività finanziaria, non è fisso ma varia per effetto del rendimento che gli investitori richiedono: in generale su un’attività finanziaria più rischiosa è richiesto un rendimento maggiore.

Relazione prezzo-rendimento. Tra prezzo e rendimento vi è una relazione inversa: se scende il rendimento sale il prezzo e viceversa. Ad esempio, un titolo emesso al prezzo di 100 con un rendimento del 5%, a fronte di una diminuzione dei rendimenti al 2% vedrà il suo prezzo aumentare, ad esempio 110. L’investitore che avesse comprato il titolo a 100 realizzerebbe in questo modo una plusvalenza di 10 euro.

… e ora arriviamo al Quantitative Easing 2015 (QE).

La comprensione degli effetti del QE non è piena se non si considera la manovra che l’ha preceduto, il Long Term Refinancing Operation 2011 (LTRO). LTRO e QE devono infatti essere viste come due fasi di un’unica operazione.

Per ordine logico e cronologico bisogna partire dal primo.

Long Term Refinancing Operation del 2011.

Attraverso  l’LTRO la Banca Centrale Europea ha concesso finanziamenti a tassi prossimi allo zero al sistema bancario per la durata di tre anni: tale operazione era volta a immettere liquidità che, nelle intenzioni dichiarate, doveva essere destinata alla concessione di crediti al sistema economico. In realtà parte rilevante di questo finanziamento a tasso praticamente nullo è stata utilizzata per acquistare titoli di stato che presentavano rendimenti mediamente superiori al 3%: in questo modo il sistema bancario ha lucrato per tutti tre gli anni il differenziale di rendimento (carry trade) tra titoli di stato e costo del finanziamento, sfruttando tecnicamente quella che si chiama leva finanziaria, ossia la possibilità di investire senza disporre di capitali propri ma ottenendo liquidità a costo prossimo allo zero.

I rendimenti dei titoli di stato emessi al 4 o 5%, in seguito a questi massicci acquisti protrattisi dal 2011 al 2014, sono scesi in modo considerevole nel triennio, e per la relazione inversa esposta sopra, i loro prezzi sono saliti facendo registrare colossali plusvalenze ai compratori.

A questo punto (siamo a fine 2014) le banche acquirenti presentano nei bilanci plusvalenze incorporate nelle enormi posizioni in titoli di stato ma tali plusvalenze sono solo potenziali: per monetizzarle è necessario vendere i titoli detenuti sul mercato secondario; la cosa non è affatto semplice poiché se tutti cercassero di vendere sul secondario il prezzo dei titoli scenderebbe più o meno repentinamente annullando ogni plusvalenza.

… ed ecco che si materializza la seconda operazione, il Quantitative Easing.

Il Quantitative Easing del 2015.

Con il QE la BCE si impegna per il biennio 2015-2016 ad acquistare dal sistema bancario i titoli di stato che questo detiene a prezzi di mercato, prezzi che incorporano quindi le generose plusvalenze rese possibili dall’LTRO. Ecco che la comparsa della BCE in qualità di compratore con mezzi virtualmente illimitati risolve il problema di liquidare le posizioni senza deprimere le quotazioni, con grande vantaggio per i venditori.

E per lo Stato? Per lo Stato i benefici saranno limitati alla riduzione del costo di raccolta[1], ma solo per le nuove emissioni del 2015 e (forse) del 2016 e non per l’enorme stock esistente di debito pubblico. Cosa succederà dopo?

Quanto alle imprese? Per le imprese l’immissione di liquidità dovrebbe tradursi in un accesso più facile al credito, ma non è stato così per l’LTRO ed è probabile che ciò non avvenga nemmeno per il QE.

La “stampa di moneta” operata dal QE comporterà infine un deprezzamento del cambio, rendendo più competitive le esportazioni. Tale deprezzamento è già visibile, ad esempio, nel movimento del cambio €/$. Questo sarà il beneficio più rilevante (forse l’unico) per le imprese (almeno per le imprese esportatrici).

 Benefici assai maggiori si sarebbero ottenuti se la BCE avesse finanziato direttamente i bilanci pubblici ai tassi dell’LTRO, con imponente risparmio per lo Stato in termini di spesa per interessi che avrebbe a sua volta consentito l’alleggerimento dell’inaudita pressione fiscale.[2]

Ancora più efficace risulterebbe la destinazione dei fondi messi a disposizione da LTRO e QE alla realizzazione di opere pubbliche, grandi incompiute nello scenario europeo, con effetti immediati e durevoli di innalzamento del reddito e benefici per le potenzialità di sviluppo dell’Europa e per la solvibilità delle imprese (redditività e solvibilità delle imprese si tradurrebbero, tra l’altro, in consistente miglioramento dei bilanci bancari).

Le normative comunitarie non consentono tuttavia né i finanziamenti diretti degli Stati né gli investimenti in opere pubbliche da parte della BCE.

Ma le leggi europee sono fatte per i popoli, o i popoli per la legge?

Avremmo preferito almeno una parte di Q.E. rivolta all’economia reale per creare sviluppo industriale, ma le regole della UE-BCE sono troppo rigide. A situazioni insolite, insolite soluzioni? Speriamo!

Polemiche a parte, dobbiamo guardare la realtà dei nostri interessi e gestire i nostri risparmi con oculatezza.

Sicuramente uno strumento che non è certo un “sarchiapone” è l’oro fisico.

Noi di Confinvest, da 32 anni, proprio per difendere il  potere d’acquisto, consigliamo sempre d’inserire nei propri asset almeno un buon 10/15% di oro fisico (lingotti o monete).

Da tenere presente che l’oro non è solo un bene rifugio ma un vero strumento d’ investimento.

Dall’inizio dell’anno l’indice M.O.M . è salito  oltre il  10%. Un risultato al di sopra di qualsiasi altra forma speculativa di risparmio.

Sempre, comunque, buona fortuna a chi crede nella “carta ed al Monopoli” e non si avvicina all’oro fisico, come garanzia per  un prossimo futuro…. sempre più incerto!

 

Ringraziamo i lettori dei nostri report, che numerosamente li inoltrano ad amici interessati ad una buona finanza.

 

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[1] La realtà potrebbe essere ancora peggiore di quella descritta poiché, come è emerso da un documento ufficiale del Ministero dell’Economia e delle Finanze di febbraio 2015, derivati stipulati dai governi succedutisi negli ultimi anni darebbero luogo a una minusvalenza monstre di 42 miliardi di euro al 31 dicembre 2014. Minusvalenza che, dato l’andamento dei tassi degli ultimi mesi, potrebbe essere ancora superiore e che annullerebbe gran parte dei benefici per il bilancio dello Stato derivanti dalla diminuzione dei tassi.

[2] Per inciso, il finanziamento diretto del debito pubblico da parte della banca centrale, con effetto di calmiere sui tassi di interesse, e dunque sul costo di raccolta per lo Stato, era la modalità vigente in Italia fino al 1981. Con il cosiddetto “divorzio della Banca d’Italia dal Tesoro” (1981) i tassi sono stati invece fissati dal mercato: questo ha causato l’esplosione della spesa per interessi e il rapporto debito pubblico-PIL, che fino al 1981 si era mantenuto entro percentuali fisiologiche del 60%, è cresciuto anno dopo anno fino all’attuale, drammatica percentuale prossima (e presto superiore) al 140%.