FANTOZZI VA IN PENSIONE (1988) E LA PENSIONE D’ORO DI CONFINVEST

Il goffo impiegato, protagonista di mille disavventure e sevizie da parte di colleghi e superiori, in pensione ci è andato davvero nel 1988.
Sorte diversa e ben peggiore toccherà a molti italiani che, dopo la micidiale sequenza di riforme del sistema pen- sionistico e del lavoro (Fornero e Jobs Act per citare solo le ultime), rischiano di non percepire affatto il sudato assegno o di percepirne uno di miserevole importo. Secondo una ricerca del quotidiano la Stampa (www.la- stampa.it del 17 aprile 2016) il sistema pensionistico potrebbe implodere nel 2030 perché andranno in pensione i nati nel biennio 1964-1965, quando, nel pieno del boom economico, vennero alla luce oltre un milione di bam- bini.
Una conferma indiretta del collasso, dopo le rassicurazioni di rito, viene nientemeno che dal presidente dell’Inps Tito Boeri: chi è nato dopo il 1980 rischia di andare in pensione a 75 anni (la Stampa del 19 aprile 2016), la qual cosa, combinata alla riduzione dell’aspettativa di vita verificatasi per la prima volta in Italia nella storia delle rile- vazioni (www.ilfattoquotidiano.it del 26 aprile), significa praticamente mai.
A chi è nato negli anni ’70 non va poi molto meglio, visto che l’agognata finestra pensionistica non si aprirà prima dei settant’anni.
Secondo Gian Carlo Blangiardo, ordinario di Demografia all’Università Bicocca di Milano, “il rapporto tra la po- polazione attiva (20-65 anni) e i pensionati si raddoppierà nel giro di una generazione”, con ripercussioni inevitabili e pesanti sull’equilibrio contributivo.
E questo partendo da aspettative positive e del tutto irrealistiche sulla crescita del PIL italiano, che l’Inps continua a stimare nell’1,5% annuo.
Intanto JP Morgan assicura: l’oro è Toro.  L’indebolimento delle valute perseguito dalle Banche Centrali e i ren- dimenti dei bond inferiori a zero, porteranno, secondo le analisi della Banca Americana, a rialzi di lunga durata dell’oro (MF del 12 maggio 2016).
E noi di Confinvest, cosa proponiamo?…….. “LA PENSIONE D’ORO”.
Nel contesto attuale, ovvero una caccia disperata di decorosi  rendimenti, ma con risposte di tassi a zero, se non addirittura negativi, riteniamo necessario, per una forme pensionistiche,  una diversificazione dei nostri in- vestimenti; non più  la ricerca disperata di profitti  immediati, bensì si dovrà  considerare e  valutare quello che sarà l’introito che ci aspetterà dopo tanti anni di lavoro….. e versamenti.
Come e quanto accantonare oro per una integrazione pensionistica?
La quota in portafoglio di oro fisico è sempre consigliata in una misura del 15/-20% sul mobiliare posseduto, per un piano di accumulo in oro; per una forma integrativa pensionistica, necessita prendere in considerazione molti fattori (età d’ingresso, scadenza ottimale, quota annua disponibile, ecc.).
La forma del piano di accumulo in oro è una sorta di assicurazione (una pensione di scorta) avverso le politiche delle Banche Centrali, in questi ultimi anni poco considerate dal lato fiducia   dai mercati finanziari. Che fare? Il risparmio è stato tradito, nel solo Veneto ci sono 13 Banche in crisi. Negli ultimi 15 anni abbiamo perso pratica- mente oltre il 40% di potere d’acquisto. Che tenore di vita vorremmo avere quando andremo in pensione? Quanto oggi prospettato nella “busta arancione” come valore di pensione futura  avrà veramente lo stesso valore, sem- pre in una logica di potere d’acquisto, tra 20 o 30 anni?
Mai come oggi, la gestione del risparmio richiede attenzione. E’ finita l’epoca in cui ci si poteva dimenticare del nostro conto corrente nella certezza di veder crescere nel tempo il nostro capitale.
Necessita pertanto oculatezza proprio nell’aspettativa e nella costruzione di una pensione che ci metta al riparo da rischi d’inflazione o da futuri disastri negli strumenti finanziari cartacei.